sabato 4 settembre 2010

11 - LA FORTEZZA DI NUCCIA

E’ la virtù che fa superare le difficoltà, le prove e le sofferenze della vita, senza perdere la serenità dello spirito, con pazienza e con costanza, orientando l’animo e la volontà a Dio, conformandosi alla sua volontà.. In Gesù morto e risorto il cristiano vive in spirito di obbedienza al Padre la propria croce, con la certezza che oltre l’afflizione c’è una beatitudine promessa da Gesù ai suoi servi fedeli. La fortezza è anche un dono dello Spirito Santo che aiuta il cristiano a superare tutte le tentazioni del maligno e dire sempre sì a Dio.

Nuccia fin dall’infanzia è stata educata dalla mamma ad orientare il suo cuore verso Dio. Nell’adolescenza confermò questo orientamento sotto la guida sicura di alcune persone di spirito: Suor Genoveffa Birolini, Padre Giuseppe Elegante e Lina Martinoli. Con essi Nuccia tessé una corrispondenza sul tema della conformazione alla volontà di Dio, accennando più volte al tema della santità. Le letture dei libri che le portavano le suore paoline e la partecipazione alla vita ecclesiale e all’Azione cattolica maturarono sempre più la sua vita interiore. Nuccia decise di essere tutta di Gesù.

Suor Genoveffa scrisse a Nuccia non ancora quindicenne: “Lucino (Como) 8 dicembre 1951 - La buona Nucci (così era allora chiamata) sa soffrire volentieri per amore di Gesù…. Il Cuore di Gesù trovi nella buona Nucci un’anima riparatrice che, pur stando sempre in casa, può fare tanto bene e salvare tante anime con la sofferenza e la preghiera”. E Nuccia rispose: “Cara zia Genoveffa,… Io da parte mia prometto al buon Gesù di dedicare a Lui tutta la mia vita”.
Da allora fu un crescendo senza tentennamenti. Quando verso i venti anni Nuccia andò a Lourdes scrisse: “Al passaggio di Gesù Eucaristia mi offrii vittima e pregai per la conversione dei peccatori”.

Nuccia dovette affrontare varie difficoltà e prove, fisiche e morali. Da piccola dovette stare lontana dalla madre per quattro anni a Cuneo per curarsi. Il fratellino Giuliano morì a quattro anni, lasciando in lei un lancinante dolore. Oltre la disabilità per la paralisi progressiva deformante, dovette sopportare l’irascibilità del padre, che picchiava a sangue la mamma e la umiliava nella sua dignità di donna e di moglie con le sue continue e plateali infedeltà. Nuccia adolescente dovette pure affrontare le continue polmoniti e dominare il suo bisogno affettivo attraverso il martirio del cuore.

Cosi si espresse nel Messaggio di Pasqua 1995: “Lodo e benedico il Signore per la croce, di cui mi ha fregiata, perché crocifiggendo la mia carne, ha pure crocifisso i miei pensieri, i miei affetti, i miei desideri, e persino la mia volontà, per fare di me sua gradita dimora, suo compiacimento, suo tabernacolo vivente”. Questo martirio della carne, dei pensieri, degli affetti e dei desideri Nuccia lo visse in piena libertà con animo sponsale: essere gradita dimora, compiacimento e tabernacolo di Gesù. Sopraggiunsero le difficoltà economiche verso il 1966, il peggioramento delle sue condizioni fisiche, il rischio di cancrena degli arti inferiori, la solitudine e l’abbandono degli amici in certi momenti. “In questo periodo mi sento un po’ trascurata proprio dagli amici più cari. Che delusione! Ma poi rifletto: forse è per il mio bene, per loro forse dimenticavo le cose del cielo”. Era il periodo quando i giovani del gruppo folk verso il 1980 non si ritrovavano più in casa sua.



Altre sofferenze furono le incomprensioni, specialmente quella relativa alla scelta matrimoniale di Cristina. Ci fu anche quella sofferenza costante che non le concesse respiro e che lei sopportò dal 1980 sino alla morte: la piaga sanguinante sul suo costato sinistro. E poi la perdita della madre il 20 novembre 1993, il momento di difficoltà economica di Gabriele, per cui Nuccia dovette elemosinare un aiuto dagli amici, l’edema del 17 luglio 1996 che la stava portando alla morte, l’agonia e la morte il 24 gennaio 1997.

La conformità alla volontà di Dio per tutto l’arco della vita e la serenità dello spirito di Nuccia nei momenti della sua sofferenza, espressioni della virtù della fortezza, sono confermate da tutti coloro che l’hanno seguita. Questa fortezza lei la considerava un dono dello Spirito Santo che invocava spesso. Pur sentendosi fragile nel corpo e nello spirito, Nuccia poneva tutta la sua fiducia in Gesù ed era Lui la sua fortezza. Confidava anche in Maria, la mamma. Il rosario che lei teneva notte e giorno attaccato alla sua mano era segno della fiducia che lei riponeva nell’assistenza della Madonna.

Accettava le sofferenze e le varie prove della vita come dono di Dio. Attraverso esse, lei diceva, Dio purifica l’anima e la fa partecipe alla croce di Gesù. Su questo tema (la sofferenza come dono) Nuccia fece vari interventi a Radio Maria. Nonostante le sofferenze fossero tante, non perdette la serenità dell’animo, anzi continuamente parlò del sorriso, come atteggiamento permanente dell’animo verso Dio, i fratelli e la vita. Sono le ultime parole del suo Testamento spirituale. “Sorridete sempre e ricordate che ogni volta che sorriderete io sorriderò con voi”.



In tutto il Testamento spirituale aleggia uno spirito di fortezza da parte di Nuccia. Questo spirito apriva il suo cuore alla pace con tutti, con Dio datore della vita e del “dono dell’immobilità” e con i fratelli, ai quali augura “State lieti nel Signore, nel vincolo dell’unità: pregate e operate il bene”.

Nuccia ha esercitato la virtù della fortezza in modo mirabile vincendo il terrore che l’assaliva di fronte al pensiero della morte. In quel momento soffriva più che per la sua sofferenza fisica. Anche questa era una prova permessa dal Signore. Affrontò questa paura con la preghiera abbandonandosi in Gesù Crocifisso e nelle braccia della Madonna, sorretta dall’affetto dei suoi cari.

Visse momenti terribili. Così le scrive da Genova nel 1974 la cugina Wilma, moglie del giudice Pino Palermo: “…Una cosa ti chiedo: non dire mai quelle brutte tristezze che hai detto ieri sera a Pino (ci hai fatto piangere). Lo so che ti senti male e ti vengono brutte idee in testa, ma hai avuto sempre tanta forza, tanto coraggio, vuoi mollare proprio adesso?! Pensa che devi vivere a lungo per tutti noi che ti vogliamo bene, ma pensa più che altro che tua madre esiste perché esisti tu; non dimenticarlo mai, hai capito? Io per quel poco che può valere la mia preghiera ti ricordo sempre a Gesù e so che ti aiuterà perché hai tanti meriti, sei una santa”.

Passano 21 anni e Nuccia ricorda il suo travaglio: “C'è stato un periodo che ho avuto paura di morire, ora non più, grazie a Te, Signore, al tuo amore tenero, alla confidenza che mi ha unito sempre più a Te. Mi hai rafforzata, hai dato una spinta alla speranza, che è diventata certezza” (Pensieri 15.07.1995).

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