giovedì 2 settembre 2010

8 - NUCCIA -VITTIMA D'AMORE

Il 16 luglio 2009, durante la celebrazione della solennità del patrono di Catanzaro e della diocesi, San Vitaliano, l’Arcivescovo Mons. Antonio Ciliberti, nel presentare l’Editto che annunciava ufficialmente l’inizio dell’Inchiesta diocesana per la Causa di beatificazione di Nuccia, così si espresse: “Piccola santa che, nell’umiltà della sua vita condita da incommensurabile sofferenza, si è unita generosamente alla passione di Cristo in una dimensione di oblatività, perché il suo sacrificio con il sacrificio di Cristo tornasse a vantaggio della universale redenzione”.

In effetti la sua donazione-immolazione a Dio in comunione con Gesù Crocifisso a favore dell’umanità sofferente è un tema che ricorre spesso negli scritti e nei messaggi di Nuccia. Questo suo essere vittima per gli altri è stato vissuto da lei come una vera consacrazione a Dio, diversa ma non dissimile della consacrazione dei religiosi con i tre voti di obbedienza, povertà e castità. Lei si è sentita chiamata da Dio a vivere la sua croce come una missione redentiva e ha risposto a tale chiamata con generosità e con gioia.

Fin dalla sua adolescenza Nuccia aveva percepito la sua vita come un inno all’amore crocifisso. Aveva appena 14 anni, quando Suor Genoveffa Birolini le scrisse: “La buona Nucci (così era allora chiamata) sa soffrire volentieri per amore di Gesù”. E lei: “Prometto al buon Gesù di dedicare a Lui tutta la mia vita”. Quasi a conferma, Suor Genoveffa le disse: “Il Signore ha fatto di lei un altare permanente dove ogni momento celebra il santo sacrificio. Il Signore ha bisogno di queste anime vittime, di anime assetate del suo amore, anime che condividono i suoi dolori. Offra le sue sofferenze anche per i sacerdoti che hanno deviato”. E Nuccia: “Offro la mia vita, tutte le mie preghiere, tutte le mie sofferenze per la salvezza delle anime, per la santificazione dei sacerdoti e per le missioni”.

A 20 anni andò a Lourdes e in quella circostanza scrisse: “Al passaggio di Gesù Eucaristia mi offrii vittima e pregai per la conversione dei peccatori. Tornai a casa con la febbre a 40: di nuovo la polmonite. Stetti male, ma in me c'era una nuova forza; soffrivo con più amore, con più rassegnazione”.

Passano gli anni e Nuccia continua ad abbandonarsi fiduciosa nel suo Signore, fino alla fine. “Io amo Dio e voglio essere sua” scrive nel suo diario e lo ripeteva sovente. Due mesi prima di morire ad un giovane di Sassari che le chiedeva: “Durante tutta la tua sofferenza hai mai dubitato della presenza del Signore a fianco a te?” Nuccia risponde: “Mai! Non ho mai dubitato della sua presenza. Lui per me è stato un amico, un fratello. Per me la sofferenza è un mistero e un grande dono. Gesù l’ha vissuta prima di noi tutti, poi l’ha trasformata in premio eterno; quindi io l’ho accettata e non l’ho mai sciupata, perché so che Gesù mi ama, mi ama di un amore grande, quindi credo nel suo amore. E anche se a volte mi fa percorrere tanto dolore, tanta sofferenza, so che in cima poi mi aspetta Lui; mi darà tanta gioia, tanta felicità, e io Lo lodo, Lo benedico e Lo ringrazio per avermi scelto. E quindi io mi sono offerta vittima di amore”!



Queste parole non sono espressioni di devozione facile e bigotta; il suo spirito era ricco di contenuti di fede maturati nella meditazione e nella contemplazione di Gesù crocifisso. Scrive nel Diario: “Nel mio prepotente bisogno di amore e di protezione, mi sono rivolta al Crocifisso… vicino a Te, non mi lamento, non mi annoio, anzi ringrazio l’Amore di avermi crocifissa per amore”.
In lei c’era solida conoscenza della teologia della croce. Ne è riprova il lungo messaggio della Pasqua 1995. In un linguaggio semplice e personale, come se comunicasse un po’ del suo animo, dice: “In questo mare sconfinato di amore e di tenerezza, l’anima mia esulta, come quello di Maria, e dal profondo del mio cuore sale a Dio un cantico di lode, di benedizione, di gratitudine per quello che Egli ha fatto e che fa nella mia vita. E’ il momento culminante della mia preghiera, in cui la divina potenza d’amore opera in me, mediante l’offerta del sacrificio e mi fa sperimentare momenti di resurrezione, dopo momenti di morte, vincendo in me il dolore e la paura della croce. Quale tesoro nasconde il dolore! Quanta sapienza nella croce! Bisogna pregare il buon Dio che riveli a tutti il segreto e la potenza del dolore, ma soprattutto che dia a ciascuno un animo docile e generoso, disposto ad accettare con cuore grato le piccole e grandi croci della vita, come doni di Dio. Solo così, infatti, l’uomo consente al Padre di trasformare la sofferenza umana in potenza di resurrezione, che dona giovinezza e forza allo spirito e trasforma il peccato in grazia”.



Nuccia sentiva la vicinanza di Gesù e questo era il segreto per comprendere e vivere la sapienza della croce. Nel messaggio ‘Adorazione della croce’ confida: “Quando sono affaticata e stanca la sua voce mi sussurra dolcemente -Coraggio, abbi fede in me e spera. Continua ad amare e a offrire la tua croce. Sappi che solo l'amore sostie¬ne e permette il sacrificio gradito a Dio. Io ho bisogno di vittime d'amore, di martiri, di doni generosi quotidiani. Guarda la mia croce e unisciti spi¬ritualmente al sacrificio della messa, che si celebra ogni giorno sugli altari di tutta la terra-”.

Contemplava e adorava il sangue preziosissimo di Gesù come “la sorgente inestinguibile d’amore per l’uomo di ogni tempo”. E nella preghiera alimentava la sua vita spirituale e chiariva sempre più il suo essere vittima con Gesù. Si sentiva perfino eletta, quasi privilegiata per la sua missione. “…Sangue Preziosissimo del mio Gesù, tesoro d'immensa misericordia, Ti lodo e Ti ringrazio per aver unito il mio corpo martoriato al Tuo. Lava questa mia povera anima e salvala, converti tutti i peccatori. Grazie per la sofferenza che Tu mi hai donato, grazie per averla cosparsa col balsamo della tua grazia e col profumo del tuo conforto. Grazie per avermi fatto abbracciare la croce con coraggio e con amore. Io credo, credo in Te e soffro con amore, con gioia, perché so che tutto è dono, tutto è grazia, e desidero fare la tua volontà. Desidero, mio Gesù, aiutarti a salvare i peccatori, affinché tutti tornino a recuperare la grazia e si possano rivestire dei tuoi stessi sentimenti, per la conversione dei bestemmiatori, affinché nasca la lode e smettano di crocifiggerti, per le vittime dell'odio e della violenza, per tutti i carcerati, le prostitute, per le ragazze madri e per tutte le persone che fanno piangere e soffrire. Unisco la mia passione alla Tua, o Gesù, e che cos'è il mio soffrire in confronto al tuo soffrire? O Uomo dei dolori! Ti prego per i miei cari, per tutte le creature del mondo, fa che di fronte a qualsiasi sofferenza capiscano che è un'occasione buona per incontrarsi con Te e fare un'autentica e quanto mai preziosa esperienza. Fa che tutti ti riconoscano e non ti respingano, quando ti presenti nel dolore, e ti abbraccino fiduciosi. Accogliere la sofferenza, il dolore, significa dire sì ad una piccola scheggia di legno della tua croce, Gesù. Riconoscerti nel dolore significa venire in braccio a te e il peso diventa più leggero. Grazie, infinita carità, per avermi eletta vittima del tuo amore, grazie per essere stata toccata da Te con tanta tenerezza, per avermi lasciata la tua impronta e per avermi lasciato il desiderio di accostarmi a bere sino all'ultima goccia al calice della salvezza. Amen. Alleluia”!

Le persone che l’ascoltavano a Radio Maria hanno capito bene la lezione. Centinaia di queste le scrivevano, presentando le miserie della loro famiglia e tante stanchezze. La loro fiducia era riposta nella sua vicinanza a Dio che notavano immediatamente nel suo essere vittima d’amore per l’umanità sofferente.

Le scrive Liberta R. da Roma nel 1996: “Quanta serenità mandi con le tue parole alle persone angosciate come me! Grazie a Dio che si ricorda di noi, mandandoci persone buone come te, che sei un altare vivente, vittima anche per i nostri peccati”.

Angela R. (82 anni) da S. Margherita Belice le scrive sempre nel 1996: “…Ho capito che sei un’anima-ostia… nel mio cuore si è sviluppato fiducia ed affetto. Io amo quelle anime che confortano il dolce Gesù… e la mamma Celeste, che per i nostri peccati versa lacrime di sangue”. “...sono contenta perché consoli il dolce Gesù. L’aiuti con la tua sofferenza a salvare anime… Sì, capivo che eri un’anima-vittima straordinaria, ma non immaginavo la tua inaudita sofferenza… le tue lettere per me erano un balsamo…”.

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