sabato 4 settembre 2010

13 - LA POVERTA' DI NUCCIA

Nuccia considerò i beni di questa terra funzionali ai primari bisogni dell’uomo. Non ebbe mai a disposizione capitali e altro così da aprire conti in banca. La sua esigua pensioncina di invalida era appena un segno per i bisogni suoi e della famiglia. La sua casa, sempre pulita, ma dai fili elettrici volanti, dagli infissi sconnessi, dal pavimento in cemento battuto e lisciato, dal tetto a tegole a vista era appena un rifugio. I suoi vestiti erano modesti, fatti artigianalmente, sempre gli stessi per anni. Se c’era un soldo era per medicine e per tenere agli studi Gabriele e Cristina. Gli amici vedevano le ristrettezze e ogni tanto l’aiutavano. La provvidenza di Dio si manifestò attraverso la solidarietà di anime buone e sensibili. Insomma Nuccia visse una povertà decorosa.

Proprio perché conosceva la povertà Nuccia fece a Radio Maria vari messaggi rivolti ai poveri. Della povertà Nuccia aveva idee ben chiare. I veri poveri sono coloro che vivono lontani da Dio e soffrono nella loro dignità. Fece un elenco molto lucido delle nuove povertà. “Molte creature, nostre sorelle e fratelli, soffrono sotto il peso della miseria, mentre altri, pur avendo tutte le possibilità per sfamare e nutrire, con molta indifferenza vivono una vita comoda, senza accorgersi di chi soffre. Ma non solo questi sono i poveri; sono poveri tutti coloro che hanno fame e sete della Parola di Dio: molti cristiani si chiudono nella loro fede e non la testimoniano, non l’annunciano agli altri! Sono poveri gli anziani soli, i molti ammalati abbandonati, i barboni, i bambini maltrattati, usati, violentati, tutti coloro che sono senza casa, senza assistenza, senza un sorriso, senza una carezza… Gesù si è fatto povero, ha lavato i piedi ai suoi discepoli, per farci capire che non era venuto per essere servito, ma per servire, e s’identifica con tutti i poveri del mondo che soffrono, si identifica con gli ultimi… Siate, quindi, disponibili, solidali, condividete, amate, donate speranza; non fate passare questo tempo invano, ma siate generosi verso tutti, specialmente verso gli ultimi, i più abbandonati. Imitate Gesù e nel prossimo ritroverete il volto di Gesù. Amate, amate con cuore generoso e gratuito: è sull’amore che saremo tutti giudicati, sull’amore che abbiamo saputo donare agli altri” (Messaggio: Il Signore dice….



Rivolgendosi al povero, Nuccia lo invita: “Non perdere mai la speranza. Il Signore è vicino a chi soffre, a chi ha il cuore ferito, a chi è solo, dimenticato, a chi non ha voce, a chi è tribolato, a chi è umile, a chi è povero”. (dal messaggio: Beati gli ultimi).

Non perdere mai la speranza, ecco il cuore del messaggio agli ultimi. La povertà di Nuccia era, come per tutte le altre virtù, anch’essa partecipazione al mistero di Cristo che si fece povero per i poveri. Ad essi Nuccia sempre si rivolse per condurli a quella dignità che loro competeva come figli di Dio. Un'attenzione particolare la rivolse ai carcerati.



Dice la cugina Ida Chiefari sulla povertà di Nuccia:
"Nella nostra famiglia siamo stati educati ad accontentarci del necessario. Nuccia, quando la sua famiglia versava in difficoltà economiche, confidava nella Provvidenza che si esprimeva con la solidarietà di tante persone buone e sensibili. C’erano due bimbi piccoli da crescere, Gabriele e Cristina, figli di Anna. Essi, assieme alla madre, erano andati a vivere a casa della nonna, mia mamma. Vivevano tutti insieme in una casa vecchia con gli infissi rotti e tra fili elettrici pendenti. Il vento e il freddo entravano da tutte le parti. Quando pioveva la casa si allagava, essendo il tetto fatto di sole tegole. Ricordo che c’erano bacinelle sparse per tutta la casa per raccogliere l’acqua che veniva giù a catenelle. Nuccia non si scoraggiava e diceva: “Anche Gesù era povero, addirittura Lui nacque in una grotta al freddo e al gelo”.
C’era tanta povertà e d’inverno c’era tanto freddo. Una piccola stufa elettrica dava un po’ di tepore. In quella casa, dove c’era pulizia, pochi mobili e tutto era lindo e ordinato, si respirava tanto calore umano e tanto amore. Nuccia con la sua presenza viva, rassicurante, dava luce, calore, tranquillità e pace. Tutti avvertivano questa aria buona. Il superfluo non apparteneva a quella casa. Nuccia aveva acquisito una visione cristiana della vita e delle cose, benediceva e ringraziava il Signore per quel poco, che per lei era tanto. “Ho un casa, il cibo quotidiano, - diceva - molti non possiedono nemmeno queste cose”. Pregava per tutti coloro che vivevano nella miseria, per i disoccupati, per gli immigrati, per i barboni…. E proprio perché conosceva la povertà, si immedesimava e si identificava con gli ultimi. “Gesù si è fatto povero, venne per servire - pensava - anch’io, come posso, devo servire i fratelli”. Si rivolgeva ai poveri di spirito che "hanno fame e sete di Dio, della sua Parola che salva, guarisce e libera". Poi si indirizzava ai senza tetto, che dormono nei tuguri, nelle stazioni ferroviarie e negli scantinati, ai disoccupati, ai carcerati, agli alcolizzati, agli emarginati sociali, a coloro che vivono crisi familiari, spesso vittime di problemi personali.

“Noi cristiani - diceva - non possiamo ignorarli, dobbiamo collaborare con tutti perché il male sia vinto. L’uomo può essere salvato, recuperato. I semi della speranza devono essere sparsi dalle mani di tutti noi, in qualsiasi ambiente ci troviamo. Sempre c’è qualcuno che attende anche solo un sorriso, una parola buona di incoraggiamento e di speranza!” .

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