
Verso le sue guide spirituali aveva una tenerezza e una devozione particolare. A loro apriva il suo cuore e con docilità seguiva i loro consigli. Il sacerdote Don Dino Piraino la consigliò quando si abbatté sulla famiglia il momento difficile della scelta affettiva di Cristina. Nuccia, benché avesse tanta amarezza nel cuore ed era convinta dell’opportunità di fare sedimentare le passioni che prorompevano nei vari protagonisti, fece una lettera a Cristina che è un gioiello di psicologia.

Dal 1990 fino alla morte, in modo particolare, consigliere spirituale di Nuccia e suo confessore sono stato io Padre Pasquale Pitari, Cappuccino.


La cugina Ida Chiefari sui rapporti di rispetto e di obbedienza di Nuccia nei confronti della chiesa dice: "Molti sacerdoti venivano a trovarla e con loro si confessava. Da essi riceveva con gioia e grande emozione la Santa Eucaristia. Li ascoltava con attenzione e metteva in pratica ciò che loro le suggerivano. Nuccia fu sempre obbediente, cercava di conoscere e compiere la volontà di Dio che spesso si manifesta attraverso la guida spirituale dei sacerdoti. Era attenta alla dottrina che la Chiesa attraverso il Papa dona al popolo e leggeva le varie encicliche; questi documenti li riteneva importanti come guida per il popolo cristiano, necessari per riflettere sulla Verità. Amava la chiesa e diceva: “La chiesa è la guida sicura, la strada da seguire per procedere nel cammino” e pregava per essa, per la santificazione dei sacerdoti e soprattutto per coloro che si trovavano nel dubbio, nella tentazione, nella prova, nel peccato e s’immolava per loro”.
L’amico e confidente Emilio Rinaldo ricorda: “So che Nuccia aveva un bel rapporto con i sacerdoti, suoi confessori e consiglieri spirituali ed era attenta alle loro indicazioni. Amava la chiesa con devozione filiale. Aveva una tenerezza spirituale verso la persona del papa Giovanni Paolo II°. Ascoltava, inoltre, volentieri il magistero della chiesa. Nei sacerdoti vedeva la figura di Gesù, pastore delle anime” .
1 commento:
La grande Nuccia come Maria ha pronunciato il suo "fiat" vedendo il suo corpicino contorto non come una prigione che la teneva schiava sulla terra, ma come sentiero che attraverso la sofferenza la conduceva alla sua meta ambita: il Cielo.
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