giovedì 26 gennaio 2012

26 - NUCCIA TOLOMEO: VIII CONVEGNO DIOCESANO

VIII CONVEGNO DIOCESANO
SULLA SERVA DI DIO NUCCIA TOLOMEO (1936-1997)
Domenica 22 gennaio 2012 alle ore 17,30 nella Chiesa del Monte in Catanzaro, dove sono custodite le sue reliquie, con la partecipazione dell'arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, S. Ecc. Mons. Vincenzo Bertolone, è stata ricordata la serva di Dio Nuccia Tolomeo, nel 2° anniversario della conclusione della causa di beatificazione (24.01.2010) e nel 15° anniversario del suo pio transito (24.01.1997). Ormai è una costante questo convegno annuale che ricorda questa umile donna sempre sorridente vissuta nel silenzio e nella sofferenza per 60 anni, benedicendo Dio per il dono della vita.Durante il Convegno sono stati trasmessi quattro filmati, attraverso i quali i fedeli, che gremivano la chiesa, hanno potuto godere alcuni messaggi spirituali della serva di Dio dalla sua viva voce.

                              
    Contemplando il Crocifisso con amore                                       Preghiera: O mio Signore

Padre Pasquale Pitari, vice postulatore della causa di beatificazione, ha annunciato che la Positio super virtutibus da lui scritta è in esame dal relatore presso la Congregazione delle cause dei santi. "La causa sta volando". Quindi, la cantante catanzarese Anna Barillari, accompagnata all'organo da Orlando Tolomeo, ha deliziato lo spirito interpretando magistralmente il Testamento spirituale di Nuccia. In esso lei è arrivata a dire: "Voglio ringraziarti in modo particolare per il dono dell’immobilità, che è stato per me una vera scuola di abbandono, di umiltà, di pazienza e di gratitudine... State lieti nel Signore... Siate custodi dei vostri fratelli e insegnate loro l’amore con la vostra stessa condotta… Solo l’amore salva... Sorridete sempre". La Barillari ha interpretato pure l'ultima preghiera di Nuccia: "O mio Signore, non mi hai chiesto di fare grandi cose, ma di amare e di soffrire per Te, con Te, in Te…Voglio pregare, pregare molto e soffrire per tutti, perché sono sicura che, mentre io prego e soffro, Tu li guarisci e li liberi; mentre io li amo, Tu, o Dio, manifesti il tuo amore nei loro cuori… ". Poi Cristina Iannuzzi, ha testimoniato l'amore materno con cui "la zia Nuccia" l'ha sempre accompagnata nella sua crescita: 


Testimonianza di Cristina Iannuzzi

"Ti ho voluto, ti voglio e ti vorrò sempre un bene immenso. Voglio anche ringraziarti per essere stata una mamma dolcissima, per avermi raccontato tante fiabe, per avermi sorriso ogni mattina anche quando la tua faccia era stravolta dalla sofferenza. Grazie per avermi fatto conoscere la strada della fede, per avermi resa forte e determinata. Grazie soprattutto per avermi insegnato a camminare... -è ridicolo!- proprio tu che non hai mai camminato…".

Un momento di emozione grande i fedeli lo hanno vissuto quando è stata letta la testimonianza di Piera Maurotti su una grazia concessa a lei dalla serva di Dio, guarendo improvvisamente da una malattia che la faceva tanto soffrire. E' seguita la santa messa celebrata dall'arcivescovo con otto sacerdoti e due diaconi. Essa è stata impreziosita liturgicamente dal coro "Santissima Trinità" guidato dalla signora Massara e dai coniugi Pullano.

Nell'omelia l'arcivescovo ha lodato Dio per il dono di questa sorella nella fede e ne ha delineato i tratti spirituali presentandola come una testimone da imitare e da invocare, anche per ottenere quel miracolo che consente la sua beatificazione. "Il letto del suo dolore è stato una cattedra di insegnamento". Nuccia diceva: "Non ho niente di sano, ma ho un cuore con cui posso sempre amare". Mons. Bertolone ha, quindi, sottolineato l'importanza della spiritualità per una crescita armonica dell'uomo e della società. Sull'esempio di Nuccia, ha ricordato, ognuno può scoprire la propria vocazione e considerarsi "un soggetto di pubblica utilità". Nuccia, infatti, aveva questa convinzione: poteva essere utile alla società e alla chiesa accettando con gioia di vivere la sua sofferenza in unione con Gesù crocifisso per la redenzione dell'uomo. Questo lo viveva con tanto sorriso.

La sua vocazione, pertanto, ha raggiunto la dimensione mistica: "il mistico sa tacere, sa contemplare, sa amare, sa stare zitto e parla con la sua vita. La sua vita silenziosa diventa un libro aperto, un messaggio che vale per tutti". Ecco chi è stata Nuccia: un messaggio che aiuta a vivere, utilizzando anche il soffrire con amore e regalando tanta speranza. Lei lo diceva sempre: "Seminate a piene mani il seme della speranza che è in voi". Ha concluso l'arcivescovo con un appello: "dobbiamo riprendere a parlare di spiritualità e Nuccia oggi ce lo ricorda con la forza della sua luminosa esemplarità".

Nel film la magistrale omelia dell'Arcivescovo

OMELIA di Mons. Vincenzo Bertolone in occasione della commemorazione di Nuccia Tolomeo
Catanzaro, Chiesa del Monte, 22 gennaio 2012


Venerati confratelli nel sacerdozio, carissimi fratelli e sorelle amati dal Signore, con gioia ho accolto l’invito rivoltomi dal carissimo Padre Pasquale Pitari, vice postulatore della causa di beatificazione di Nuccia, che saluto e ringrazio di venire a celebrare per voi e con voi questa Eucaristia, mistero che ha costituito il centro di tutta la vita della nostra cara sorella Nuccia di cui oggi ricorre il 2° anniversario della conclusione della causa di beatificazione (24.1.2010) e il 15° anniversario del suo pio transito al cielo (24.1.1997).
Oggi sperimentiamo la sua presenza spirituale, la sua voce che parla al nostro cuore, non con le “parate”, ma come icona della sofferenza amorosa, che ci porta alla roccia del Calvario, dove si innalza il patibolo della croce. Infatti, sono le parole di Paolo ai Galati:”Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo” (cfr Gal 6, 14), che mi salgono spontaneamente alle labbra nel momento in cui offriamo a Dio il sacrificio eucaristico e ci accingiamo a ricordare questa illustre e singolare figlia della nostra chiesa.
Il messaggio della liturgia odierna è una chiamata, un pressante invito alla conversione e alla fede. Dio tramite il profeta Giona, chiama gli abitanti di Nínive la capitale assira, a convertirsi e Gesù predica la buona novella in Galilea, terra semipagana. Da queste due letture possiamo capire che la salvezza è per tutti; ma per accoglierla è necessario non essere attaccati alle cose caduche, perché “passa la scena di questo mondo” (II Lettura).
Ci racconta san Marco: mentre passava per le vie della Galilea Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Deve aver fatto tanta impressione quell’invito se Pietro e gli altri, chiamati mentre si trovavano nel pieno delle occupazioni quotidiane, non hanno perso tempo, ma subito lo hanno seguito.
Carissimi, occorre anche oggi la disponibilità degli apostoli che il Vangelo di oggi ci racconta. Dire di sì all’invito dì Gesù significa non esitare un istante, lasciare tutto, cambiare radicalmente la vita ed entrare così nel “divino mondo di Dio”, senza pretendere o cercare prove.
Proprio questo è accaduto a Nuccia Tolomeo. Fin da giovane, rispose con un deciso sì alle ripetute richieste del Signore. La sua è la storia di un’anima che, fin dalla fanciullezza, si è sentita amata e scelta da Dio per condividere con Lui il mistero della Passione. Per lei la malattia, le sofferenze, il dolore, la sua immobilità non erano né disgrazie capitatele, né punizioni inflitte, ma puri doni dell’Altissimo.
In realtà, la rinuncia dei beni terreni e il distacco da ogni interesse personale, collocò Nuccia in quell’atteggiamento ideale di servizio, che ella definisce, in modo espressivo, “espropriata per la pubblica utilità”. In qualche modo appartiene già agli altri, come Cristo nostro fratello. Per seguire Cristo Gesù, ha rinnegato se stessa, cioè gli ideali puramente umani, ed ha assunto la propria croce, la tribolazione quotidiana e i limiti personali, preoccupata solo di imitare il Maestro divino, salvando così in senso perfetto e definitivo la propria vita (cf. Mt 16,23-25).
Questa Croce che è quella di Cristo Gesù, Nuccia l’ha testimoniata non “con sublimità di parola o di sapienza” o “con discorsi persuasivi” (1Cor 2,1.4), ma con la semplicità e l’austerità di una vita fortemente provata. Infatti scriveva: “Ai piedi della croce, contemplando il Crocifisso con amore, ho sempre trovato la pace, il conforto di andare avanti. Guardando le sue piaghe mi sento amata. Il mio cuore è avvolto dalla gioia e dal suo calore e mi sento lusingata di vivere le sue stesse sofferenze, perché ho sempre partecipato e partecipo alla sua passione”. A riguardo, non bisogna dimenticare che alla spiritualità
cristocentrica univa quella mariana. Infatti, tutto il percorso spirituale di Nuccia, seguendo l’assioma dei santi “Ad Iesum per Mariam”, è stato un continuo avanzare verso Gesù, fino alla identificazione con Lui, accompagnata da Maria, la sua dolce e tenera pedagoga-maestra nello spirito. Come riportano le testimonianze: l’amore a Maria era espresso da quella corona che costantemente, notte e giorno, pendeva dalle sue esili dita e che chiamava l’arma, dai continui fioretti che offriva in suo onore e dall’altarino, sul quale si stagliava la statuetta della Madonna, sempre adornata di fiori freschi. Soprattutto nei mesi di maggio e di ottobre, Nuccia radunava piccoli e grandi davanti al piccolo altare per recitare il rosario ed elevare canti alla madre di Gesù e della Chiesa.
Pertanto, guardando a lei, si può dire che la vera gioia ha sempre come sua anima la sofferenza.
Già il santo curato d’Ars diceva che “Dove i santi passano, Dio passa con loro”. Indubbiamente attraverso la straordinaria missione affidata alla carissima Nuccia, Dio continua a parlarci o, meglio ancora, ad interpellarci. Per questo i mistici sono gli ideali evangelizzatori nel mondo postmoderno, dove si vive “etsi Deus non daretur”, come se Dio non esistesse.
Nuccia, dunque, ci ha testimoniato con la vita che il cammino di conversione, di cui parla il vangelo di oggi, è cammino di adesione a Dio in Cristo e quindi conformazione al Figlio, a Gesù; quindi è cammino che non può essere racchiuso nel tempo e nemmeno in un codice, in una serie di regole, di norme etiche o religiose. È cammino scandito dalla vita teologale e sostenuto dai sacramenti.
In sintesi, di Nuccia rimane nel ricordo di tutti l’immagine di un volto sorridente e di due braccia spalancate verso il mondo intero. Quante persone sono restate conquistate dalla semplicità del suo animo. Più di qualcuno ha rilevato ed anche scritto che il letto del suo dolore è stato una cattedra d’insegnamento. Infatti, da eterna ammalata amava ripetere: «non ho più niente di sano, ma ho ancora il cuore e con quello posso sempre amare».
Aveva ragione Karl Rahner nel dire: “Il cristianesimo del futuro, o sarà mistico, o non sarà”. A proposito nulla ci vieta dire che Nuccia nella sua semplicità è una risposta a quanto il grande teologo aveva preconizzato. Allora, non dobbiamo sprecare i santi, riducendoli a distributori di grazie, o di buoni esempi.
Infatti, cari fratelli e sorelle, per portare a pieno compimento l’opera della salvezza, il Redentore continua ad associare a sé e alla sua missione uomini e donne disposti a prendere la croce e a seguirlo. Come per Cristo, così pure per i cristiani portare la croce non è dunque facoltativo, ma è una missione da abbracciare per amore. Nel nostro mondo attuale, dove sembrano dominare le forze che dividono e distruggono, il Cristo non cessa di proporre a tutti il suo chiaro invito: chi vuol essere mio discepolo, rinneghi il proprio egoismo e porti con me la croce.
Molti nostri contemporanei vorrebbero far tacere la Croce. Ma niente è più eloquente della Croce messa a tacere! Il vero messaggio del dolore è una lezione d’amore. L’amore rende fecondo il dolore e il dolore ispessisce l’amore.
Dio, infatti, davanti al dolore non ci ha inviato un bel volume, con i suoi aspetti filosofici o psicologici, non un trattato di sociologia della sofferenza ma una presenza, anzi la Presenza: Se stesso, nella persona del Figlio Gesù Cristo, l’innocente per eccellenza. Egli affrontò il dolore e la morte nell’assoluta dedizione e affidamento al Padre e al suo disegno e mistero di amore.
Per il Cristianesimo, il dolore e la sofferenza del giusto accettata per amore e vissuti nell’amore, hanno il valore di prova, di purificazione, di buon esempio per gli altri e di compartecipazione al dolore salvifico della Croce di Gesù Cristo.
E’ a questo amore che l’umanità di oggi deve ispirarsi per affrontare la crisi di senso, le sfide dei più diversi bisogni, soprattutto l’esigenza di salvaguardare la dignità di ciascuna persona umana.
Impariamo allora dalla testimonianza di Nuccia come si ama Dio e come si amano i fratelli. Noi, che come suoi amici ci sentiamo, per motivi diversi, suoi
debitori, non dimentichiamo, tornando nelle nostre case e alla vita di sempre, che “siamo debitori gli uni verso gli altri, di un amore vicendevole” come dice S. Paolo (cfr. Rm 13,8), e che per fare davvero del bene, bisogna amare come ha fatto lei e così potremo incamminare nuovamente i giovani sulla via della santità, sulla via esigente del Vangelo, come tutti i testimoni - e la nostra Chiesa di Calabria ne è talmente ricca - che hanno vissuto la santità di tutti i giorni, spesso in modo nascosto, testimoniando Cristo tra gli uomini.
La misura seria della fede è la santità, il cammino sul quale ogni giorno il Signore ci attende, verso quella pista che il Beato Giovanni Paolo II ci ha indicato come “la misura alta della vita cristiana”(cfr. Novo Millennio Ineunte, n. 31). Quella santità che speriamo di poter veder riconosciuta anche ufficialmente dalla Chiesa nella serva di Dio Nuccia Tolomeo, che, vi posso assicurare anche come Pastore di questa chiesa particolare, ci sta veramente a cuore. Però bisogna pregare, perché per essere dichiarati ufficialmente beati e poi santi dalla Chiesa, ci vogliono anche dei miracoli proposti e riconosciuti come tali, secondo le norme canoniche, e io sono fiducioso che Nuccia non mancherà di darci quanto prima anche questo segno della sua santità.
L’umile esempio di questa nostra sorella costituisce un incoraggiamento a non stancarci di pregare, essendo proprio la preghiera e l’ascolto di Dio l’anima dell’autentica santità.
Per cui, contemplando questa fulgida testimonianza di santità feriale, ritorna spontanea nel cuore l’invocazione del Salmista. Il Signore non cessa di donare alla Chiesa e al mondo mirabili esempi di uomini e donne, nei quali si riflette la sua gloria trinitaria. La loro testimonianza ci spinga a guardare verso il Cielo e a cercare senza posa il Regno di Dio e la sua giustizia. Ci conforti in questo il Signore Gesù con la forza della Parola e dell’Eucaristia. E lo Spirito ci illumini attraverso la testimonianza di Nuccia a percorrere le vie più opportune per santificare il mondo. Amen

2 commenti:

Padre Pasquale Pitari ha detto...

Grazie, Eccellenza, per questo meraviglioso messaggio che traccia la spiritualità di Nuccia come una ricchezza di cui l'uomo di oggi ha un immenso bisogno.

Federico ha detto...

Ringrazio padre Pasquale del prezioso servizio di informazione su questo importante avvenimento che mi ha fatto ripensare a tanti collegamenti telefonici intercorsi con la cara Nuccia che ha partecipato per alcuni anni alla mia trasmissione notturna del Sabato nella rubrica "Beati gli Ultimi". Questa circostanza a cui sono stato presente spiritualmente perchè impossibilitato alla presenza fisica tra familiari, parenti e tanti amici di Nuccia, mi ha fatto ricordare i miei incontri con lei sdraiata nel suo lettino nella sua stanza in quella casetta che io mi sono permesso definire: la Betlemme degli anni 2000. Mi auguro che, per sua intercessione, venga presto il giorno in cui potrò venire a Catanzaro a pregare sulla sua tomba per dirle grazie del bene che mi ha dontato e di quello che lei ha donato a migliaia di ascoltatori e, tra questi, a innumerevoli fratelli ristretti in carcere che lp'hanno tanto amata.
Umilmente. Federico